Il green deal si è sporcato (28/01/2025)

Lo scandalo Timmermans con i suoi risvolti potrebbe riorientrare le politiche ambientali comunitarie.

Lo scandalo di risorse comunitarie gestite in maniera se non clientelare ma, sicuramente, non trasparente e apparentemente molto sospetta sta segnando il futuro del green deal “made in Europe”.
Stanno emergendo le ipotesi che la gestione del Commissario Timmermans dei fondi europei avrebbe portato a finanziare ONG e molte organizzazioni ambientaliste per “promuovere” le soluzioni ultrambientaliste del Commissario.
Infatti: La Commissione europea avrebbe utilizzato fondi Ue per finanziare una rete di Ong con lo scopo di «promuovere l’agenda green dell’ex commissario Frans Timmermans». La rivelazione arriva dal quotidiano olandese De Telegraaf, agita Bruxelles e riapre la polemica sul Green Deal e sull’operato del primo esecutivo von der Leyen, proprio nel giorno in cui in aula a Strasburgo era in calendario un dibattito sull’uso dei fondi comunitari dedicati alla promozione delle politiche ambientali». (Il Sole 24ore 23/1/2 5)
Il risultato di tali manovre sarebbe stato l’attuale situazione di penalizzazione che sta affliggendo alcuni settori industriali europei, in primis l’automotive, alle prese con il rischi di una raffica di sanzioni che ha praticamente portato molte case automobilistiche a ridurre le proprio produzioni in favore dell’elettrico (cinese), penalizzando l’occupazione e lo sviluppo del settore.
Oggi, forse a causa di cambiamenti radicali annunciati negli USA, e per effetto della devastazione, evidente, di interi settori industriali, sia la nostra Premier che altri leader europei stanno rivalutando la bontà e, specialmente, l’efficacia della precedente politica ambientale.
La politica ambientale, per contenere l’aumento della temperatura del Globo, merita tutto il nostro impegno e rispetto, però la desertificazione dell’intero settore industriale europeo non è un ticket pagabile, anche perché la “politica Timmermans” è solo ed esclusivamente europea.
Inoltre, nessun politico dell’entourage della Von der Leyden ha pensato di protestare con la Cina per la loro dissennata e intoccabile politica ambientale che sta portando a inaugurare una centrale a carbone alla settimana.
Dove è finita la CBAM (Carbon Border Adjustment Mecanism) istituita dal Regolamento (UE) n. 2023/956 del 16 maggio 2023, di cui nessuno parla?
È, in pratica, un sistema che attraverso una valutazione della Carbon Foot Print, la quantità di carbonio utilizzata per produrre un certo bene, avrebbe dovuto tenere sotto controllo, e tassare, le emissioni legate a certi materiali che, per evitare problemi ambientali in Europa, erano, e sono, prodotti altrove.
Il sistema entrerà in vigore il 1 gennaio 2026 e riguarderà i settori indicati nell’Allegato I del Regolamento stesso, cioè: ghisa, ferro, acciaio, cemento, fertilizzanti-sostanze chimiche, alluminio, energia elettrica, idrogeno.
Esso, almeno nelle intenzioni, dovrebbe riequilibrare il costo di tali prodotti rispetto agli stessi prodotti fabbricati con criteri ambientali corretti e sostenibili, rendendo, di fatto, competitivi tali prodotti di produzione europea.
Pare evidente che non sono state incluse ne le batterie, ne i prodotti derivati da tali materie prime, come le automobili, gli elettrodomestici, le componentistiche industriali o i componenti elettrici e elettronici.
Saranno, pertanto tassate (forse) le citate materie prime di provenienza “esotica” ma non i prodotti da essi derivanti.
Una attenta analisi degli effetti derivanti potrebbe confermare la nascita di ulteriori problemi legati ad un aumento del costo di tali materie prime per le nostre aziende ma non dei prodotti finiti, con esse fabbricati, all’estero!
Inoltre, il nostro Paese ha comunicato che abbiamo superato il 50% di energia da fonti rinnovabili, fatto interessante a testimonianza dello sforzo fatto dall’attuale governo in tale direzione.
Però, e c’è un grande però, il consumo a dicembre i consumi petroliferi hanno fatto segnare un +2,4% e la benzina addirittura +6,6%, e sapere che nel 2024 le vendite hanno raggiunto la quota monstre di 52,4 milioni di tonnellate, facendo registrare un +2,2% rispetto al 2023 è un dato indiscutibile!
Forse, le motivazioni sono implicite al fatto che il costo delle auto elettriche, panacea di tutti i mali derivanti dalle famigerate emissioni, in Europa sono scese mediamene del 15% mentre in Italia è cresciuto del 14%.
Tali dati fanno pensare che piuttosto che comprare le sempre più costose auto elettriche gli italiani hanno preferito tenersi le auto a motore endotermico, anche perché quelli obbligati a comperare full electric o plug in sono, di fatto, solo gli abitanti e i frequentatori delle grandi città.
La già citata conversione all’idrogeno di Elon Musk, dopo l’annuncio di un paio di anni fa della Cummins, vede l’azienda britannica JCB comunicare il rilascio dell’approvazione per l’utilizzo commerciale in Europa del suo innovativo motore a combustione interna a idrogeno.
Pur non capendo quale innovativa tecnologica si riferisca visto che, come già ricordato in altri articoli, già negli anni ’90 sia Mercedes che BMW avevano messo su strada delle auto con motore endotermico funzionante a idrogeno gassoso.
L’annuncio pare, però destinato a smuovere le acque con un progressivo sdoganamento di questa tecnologia e, dribblando la trappola delle fuel cells, ridare una dignità green, quella vera, al settore motoristico, ancor prima che automobilistico, europeo.
L’unico grande problema rimane la distribuzione dell’idrogeno che, però, se gassoso, può essere “home made” cioè fabbricato in casa, come vettore energetico (serbatoio di accumulo) del surplus di produzione elettrica diurna da impianti fotovoltaici.
Con tutte le relative implicazioni …

 
link originale: https://economisti.online/2025/01/28/il-green-deal-si-e-sporcato/